1994 – L’INUSUALE ARRIVO IN VOLATA – GIORGIO POET E GLI UOMINI IN ROSSO - LUCIANO GOITRE E GARIBALDI, IL CAMPIONE ITALIANO SUL MANZOL.
Non è l’obiettivo di questi racconti celebrare i campioni: a loro sono già state dedicate pagine di gloria, corone di alloro e citazioni perenni, i monumenti verranno in futuro, auspichiamo remoto! Però necessita segnalare che Il 17 luglio 1984 fu battaglia vera sui sentieri della Tre Rifugi.
Sarà per il debordante numero di gare, per uno spirito agonistico più limitato o per entrambe le cose ma ai nostri giorni è usuale che trascorrano molti minuti prima che si componga il podio dei migliori. Vedere che la classifica della 23° edizione della Tre Rifugi mette in fila i primi quattro atleti in 48” (leggasi quarantotto secondi) dopo 21,7 km e 1700 metri di dislivello lascia stupefatti. Autori della lunghissima volata il vincitore Livio Barus (2.11.36), Marco Olmo (2.12’00”), Elio Ruffino (2.12.19) e Flavio Cantore (2.12’24”). Seguono altri 105 protagonisti.
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Compare solo una volta nelle classifiche ufficiali della Tre Rifugi: anno 1972, prima edizione. Però Giorgio Poet di Tre Rifugi ne ha fatte a decine guidando i volontari del Soccorso Alpino a presidiare i passaggi più impegnativi e rischiosi. La preziosa assistenza degli Uomini in Rosso ha contribuito a ridurre a poche decine gli interventi di soccorso. Giorgio ne ricorda uno, in particolare, in tempi nei quali a volare per il recupero delle vittime degli incidenti in montagna era il solo Alouette, operativo nella confinante Francia ma non sulla Tre Rifugi.
Un atleta (Colombo da Abbiategrasso) si era ferito seriamente ad un ginocchio sulla funambolica Schina l’Asu ed era impossibilitato a proseguire. A disposizione solo una barella modello “Detachetis” in voga al tempo ma in cattive condizioni causa, fortunatamente, scarso utilizzo. Il viaggio fino a Villanova era piuttosto impegnativo causa la presenza del solo sentiero frequentato dalle Mule della Ciabota nelle loro escursioni giornaliere “non competitive”. Gli Uomini in Rosso, sistemato alla meglio il foresto infermo, si misero in cammino ma giunti al termine della discesa più impegnativa nei pressi della Conca del Pra la barella cedette di schianto depositando il Colombo da Abbiategrasso su uno scomodo letto di pietre ed aghi di pino
Fu avvisato via radio Bruno Migliotti, il gestore del Rifugio Jervis che mise in moto una vecchia falciatrice trasformandola in una autolettiga di fortuna e con questa trasportò il ferito fino al Rifugio. Utilizzando una seconda ma più robusta barella dello stesso modello della precedente, gli Uomini in Rosso proseguirono il viaggio fino alla borgata di Villanova disponendo per il tratto Villanova – Ospedale l’uso di un mezzo più idoneo.
Riconoscente, Colombo da Abbiategrasso, fece ritorno alla Tre Rifugi negli anni a seguire. Un po’ per un doveroso ringraziamento alla banda di Giorgio Poet ma anche per fare conoscenza con i Crin ‘d Puluc che il veloce trasbordo sulla motofalciatrice gli aveva impedito di vedere.
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Seduto sul muretto fuori della Ciabota, proprio di fronte ai mitici Crin, rifletteva sulla trasformazione che gli stessi avrebbero subito con il sopraggiungere dell’inverno e sul fatto che i Crin erano spettatori fissi della Tre Rifugi ma venivano sostituiti ogni anno… triste destino della vita! La notte era trascorsa nelle comode brandine dello storico locale ed i consueti canti erano stati indulgenti nel rispetto del sonno degli atleti. Dopo avere ingurgitato panini e banane (tre) in vista dell’impresa che lo attendeva lanciava i residui degli esotici frutti, apportatori di miracoloso potassio, agli animali che parevano non gradire…
L’edizione 1994 vide l’ennesima presenza di Luciano Goitre, in arte “Gimmi” ma questa volta con in tasca il titolo di Campione Italiano di “corsa con i cani” come si chiamava, meno pomposamente, la disciplina tornata di moda in questi ultimi anni al suono nobile di Cani Cross o l’equivalente Dog Crossing. Con il fedele cane Garibaldi, di piccolissima statura (il cane, intendo) per potere all’occorrenza essere trasportato, si laureò campione di specialità vincendo tutte le prove del campionato italiano meno una, quella della natia Cavour per via del cagnolino che ad ogni curva prendeva la via di casa incurante dei sogni di gloria di “Gimmi” Goitre.
L’atleta la cui astuzia era pari almeno alla potenza atletica era famoso nel mondo corsaro anche per altre amenità quali l’avere falsificato l’anno di nascita della nipote che poté laurearsi Campionessa pinerolese di Corsa Campestre gareggiando per un anno intero in una categoria inferiore a quella di appartenenza… Tutto sancito nei sacri testi di una Fidal disattenta e ancora poco informatizzata…
Era pronto per la resa dei conti, “Gimmi”, dopo molte edizioni con il crono frenato dalla debacle del socio, almeno così sosteneva. Ne aveva sperimentati diversi ma il matrimonio sportivo non superava mai la luna di miele della prima volta. L’edizione individuale era l’occasione giusta per lasciare libere le briglie dell’ippogrifo ed esaltare le qualità represse.
Orfano della zavorra del socio si esaltò nel tratto corribile dell’avvio pianeggiante, suo terreno preferito, fino ad approcciare il monte tra le avanguardie del nutrito gruppo di schiene piegate dalla fatica. Dimentico del motto che dice che il traguardo è all’arrivo diede fondo a tutte le risorse disponibili, tre banane comprese. Fu dapprima il sentiero delle Capre e poi il ribaltante Manzol a infondergli il sospetto che il problema non fossero i soci, sospetto che divenne realtà quando il cronometro finale registrò 3.14’35” in luogo del 2.34’27 realizzato 10 anni prima in compagnia di Oreste Laurenti…
Non dissero nulla, i Crin, nel vederlo transitare oramai in vista del traguardo. Le bucce di banana erano rimaste lì, un pochino rinsecchite dalla brezza montana. Nel recuperare lo zaino alla Ciabota “Gimmi” si fermò ad osservarli prevedendo ancora una brutta fine per gli inconsapevoli ed ignari animali dormienti. Poi pensò al suo titolo di Campione Italiano e a Garibaldi che lo aspettava per nuove e meno faticose avventure: averne di soci così!
Carlo Degio