1992 – LA PODISTICA VALLE VARAITA SALE ALLA TRE RIFUGI – LA TRAGEDIA DELLA PINETA – MARIANGELA GROSSO RICORDA IL SUO VOLO… IN ELICOTTERO

Anno di svolta, il 1992, nel mondo delle Inutili Fatiche: nella vicina Valle Varaita sale alla guida della locale Podistica Giulio Peyracchia ereditando la bella realtà sportiva nata un decennio prima per felice intuizione del Piaschese Franco Romano. Ne coltiva le già forti radici con irrigazione adeguata, a pioggia o localizzata che la si voglia chiamare, ma soprattutto pratica giovani innesti ed i frutti non tarderanno ad arrivare.

La genesi è conosciuta da pochi eletti ma inizia proprio con la partecipazione alla Tre Rifugi 1992 la conquista del mondo della Corsa in Montagna da parte dei giallo neri varaitini: l’avanguardia è rappresentata da Silvio Barra, il battistrada con il suo 12° posto in 2.23’32”, cui seguono Antonino Mariconda, Giorgio Dematteis, Pierangelo Cavallo, Gian Carlo Barra, Pier Luigi Degiovanni e Francesco Allasina.

Si erano avvicinati al mondo delle corse di lunga distanza attratti da quel “Giro del Monviso” che sul finire degli anni ’80 sollevava ammirazione e stupore tra la gente di Valle; stava nascendo il mondo Trail! Un atto di coraggio in tempi nei quali alcuni tecnici della Fidal sconsigliavano o vietavano ai giovani di frequentare quella eretica specialità chissà come entrata a fare parte del nobile sport dell’atletica leggera.

 

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Una grande tristezza avvolse la Tre Rifugi 1992 quando al termine della manifestazione gli atleti appresero della tragedia avvenuta mentre loro erano impegnati sugli storici sentieri.

La celebrazione della gara attirava molti spettatori, oltreché atleti, nonostante la salita rigorosamente a piedi su quello che al tempo era ancora la mulattiera che univa Villanova al Pra percorsa giornalmente da Pula e Mora, le storiche mule di Puluc. La conca era un fiorire di tende concentrate, soprattutto, al fresco di una pineta in prossimità del Pellice. Molti erano gli interessati, direttamente o indirettamente, dalle fatiche domenicali ed altri invece erano presenti perché la gara rappresentava una occasione di festa al riparo dalla calura della pianura sottostante.

Sovente serate e nottate della vigilia accendevano conflitti tra il diritto al riposo degli atleti e la giovanile voglia di divertimento. Quest’ultima, talvolta, prendeva il sopravvento degenerando prima in pacifici canti, non sempre dalla intonazione adeguata, e poi in accese discussioni frutto di eccessi alcoolici. Nella notte tra il primo e il secondo giorno dell’agosto 1992, tra impetuose folate di vento, anche questo limite fu superato…

Furono le urla di disperazione di alcuni ragazzi a dare l’allarme quando il mattino e la corsa avevano iniziato il loro viaggio verso destini diversi: riverso a terra il corpo di un giovane ragazzo accarezzato dal vento residuo ma ormai senza vita richiamava tutti alla tragica realtà.

La consegna dei premi ad iniziare dal vincitore Renato Jallà avvenne senza trionfalismi e applausi, sia pure ampiamente meritati, nel prevalere della tristezza e rispetto per quella giovane vita spezzata in una giornata che avrebbe voluto solo raccontare dei mitici Barant e Manzol.

 

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Ad assistere all’epilogo della tragedia era presente Mariangela Grosso, salita nella conca del Pra in qualità di semplice spettatrice per fugare ricordi e delusioni della sua partecipazione alla Tre Rifugi dell’anno precedente. Anche lei, in compagnia di Roberto Mallen, atleta e compagno di vita, aveva scelto quella pineta per trascorrere la notte ed applaudire il passaggio di atlete ed atleti oramai in prossimità del traguardo.

Atleta di livello nazionale, tesserata per la gloriosa Atletica Cumiana, Mariangela era stata attratta dalla poesia che emanava dai racconti dei compagni di squadra dopo avere danzato con il mito della Tre Rifugi. Anche lei avrebbe voluto provare il volo su Barant e Manzol, conoscerne sentieri e dirupi, doppiare il Rifugio Barbara e fare conoscenza con il ristoro dell’Arbancie, ultimo conforto prima di salire il Calvario. Nulla di tutto questo fu permesso dalla Federazione di Atletica Leggera ligia ai propri regolamenti del tempo che prevedevano per la gara femminile fatiche più contenute.

Ancorché mutilata delle vette più intriganti la prova femminile aveva pur sempre il fascino della Tre Rifugi. Presero il via in otto dalla tradizionale linea di partenza del Rifugio Jervis indirizzate lungo la conca del Pra per salire i sentieri che conducono al Rifugio Granero, giro di boa del percorso definito. Doti e preparazione specifica per la Corsa in Montagna presero forma fin dal transito a Partia d’Amount con buon margine di vantaggio sulle avversarie guidate dalla fondista Maria Long.

La solitaria salita, complice l’affascinante scenario alpino, dissolse la fatica portando la mente a concentrarsi su approfondimenti filosofici ed esistenziali che la condussero fino a fare conoscenza con la tecnicità della discesa della Schina d’Asu.

Fu il secondo degli innumerevoli tornantini che caratterizzano quella funambolica discesa a tradire i sogni di Mariangela: un appoggio maldestro su di una pietra instabile determinò il dissesto alla sua caviglia e la fine dei sogni di gloria. Ci provò Maria Long, la più vicina delle inseguitrici, a dispensare saggi consigli per potere proseguire la corsa ma il debordante gonfiore consigliò saggiamente l’attesa del Soccorso Alpino che presidiava il poco distante Rifugio Granero.

Il traguardo del Jervis appariva in lontananza come pure la probabilissima vittoria. Sopraggiunsero gli uomini in rosso e la sentenza fu inappellabile: forte distorsione tibiotarsica con interessamento dei legamenti ecc. ecc., tanto quanto bastava per richiedere l’intervento dell’elicottero per il trasporto in ospedale a Savigliano. Nel sorvolare il Rifugio Jervis sentì salire gli applausi che salutavano il record del compagno di nazionale Claudio. Scese una lacrima di delusione sul volto di Mariangela però… che spettacolo vedere la Val Pellice dall’alto!

Carlo Degio

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