1979 – IL NOSTRO MONTE TIPEO ovvero ROLLING STONES SUL MANZOL – EVA DEPETRIS E IVANA GIORDAN EMULE DI KATHRINE SWITZER: IL CORAGGIO DI OSARE
Curioso (?) che nelle vicende fin ora raccontate non appaia mai una protagonista femminile. È pur vero che la Marcia Alpina era disciplina molto legata alle pratiche militari ma le radici del marginalizzare le donne dallo sport sono molto più profonde.
Lo storico Pausania narra che nelle Olimpiadi antiche le donne non fossero accettate né come atlete né come spettatrici e che, in caso di trasgressione, fossero gettate dalle rupi del Monte Tipeo. Fu di più larghe vedute l’Imperatore Domiziano nel 1° secolo D.C. che fece alcune concessioni in tal senso subito represse dall’avvento del Cristianesimo perché considerate funzionali al paganesimo… Tutto vero? Forse. Si sa quanto sono fallaci le ricostruzioni storiche e… cosa non ci si inventa per essere consacrati alla memoria dei posteri!
Venendo a tempi più recenti ed informazioni più certe appare di conclamata verità il fatto che alle prime Olimpiadi dell’era moderna (1986) le donne furono relegate al ruolo di spettatrici. Solo nel 1900 fu permessa la partecipazione di due tenniste. Il celebrato De Coubertin sostenne sempre la tesi dell’esclusione affermando: “Un’Olimpiade femminile non sarebbe pratica, interessante, estetica e corretta”. Mi limito a pensare quale fosse il concetto di “estetica” del de-celebrato Pierre.
Molto più recente è la storia della tedesca Kathrine Switzer che si iscrisse, in incognito con le sole iniziali e con pettorale n. 261, alla Maratona di Boston nel 1967 contravvenendo al divieto di partecipazione femminile. Scoperta, squalificata e sospesa dalla Federazione Americana di Atletismo la Switzer non si arrese: prese parte alla seconda maratona di Boston (1972) e nel 1974 vinse la Maratona di New York (3.07’29”). Solo nel 1984, a Los Angeles, la maratona olimpica fu aperta alla partecipazione femminile.
Kathrine Switzer il 17 aprile 2017, all’età di 70 anni e 50 anni dopo il suo primo tentativo, prese parte per la 9° volta alla Maratona di Boston con il pettorale n. 261, lo stesso che gli era stato vietato nel 1967.
Anche la Tre Rifugi ha conosciuto il suo Monte Tipeo. L’apertura alla partecipazione femminile, avvenuta con l’edizione 1980, arricchì dal punto di vista atletico ed estetico il campo dei partecipanti ma fece emergere anche limitati episodi di tardo maschilismo legati alla supremazia maschile da taluni considerata sacra.
Si racconta di una coppia di atleti, al vero solo uno dei componenti la coppia, che sulle aspre pendenze del Colle Manzol, vedendo avvicinarsi minacciosa una coppia femminile dotata di miglior passo e prossima al sorpasso infamante, cercò di limitarne l’andatura facendo scivolare a valle alcune delle numerose pietre che abitavano il tratto finale. Una versione locale del greco Monte Tipeo. Si trattò solo di un episodio perché la partecipazione femminile fu accolta con soddisfazione e stimolo dal popolo delle Inutili Fatiche.
Occorre anche sottolineare che sulle tardive aperture del Cai Uget Val Pellice intervennero, da metà degli anni ’80 fino a fine secolo, gli strali della Federazione Italiana di Atletica Leggera che, memore degli insegnamenti di Pierre De Cubertin, costrinse gli organizzatori a prevedere un tracciato più breve da riservare alla categoria femminile… Poi anche questo ostracismo d’altri tempi ebbe fine e corsero tutti felici e contenti sui 21,7 km comprensivi di 1650 metri di dislivello fatti di qua o di là!
Ma quale fu la “scossa” che consigliò il Cai – Uget Val Pellice a convertirsi e rivedere il suo ostracismo? La protagonista della “rivolta” fu Eva Depetris, spettatrice di alcune Tre Rifugi precedenti ma fu nel 1978 che covò in sé il germe della sfida: amante della montagna sognava di affrontare il Colle Manzol in gara, proprio come le coppie maschili che applaudiva al passaggio. L’ostacolo era dato dal “regolamento” della manifestazione che vietava la partecipazione femminile, o meglio, non la prevedeva.
Eva prese la decisione di provarci nella edizione 1979 ma si presentarono subito tre ostacoli alla realizzazione dei sogni. Dapprima occorreva avere la certezza di percorrere la Tre Rifugi entro il tempo massimo, tarato sulle coppie maschili, di 5 ore e questo quesito trovò soluzione negli allenamenti e nella prova del percorso. Inoltre la gara era a coppie ed occorreva trovare un’altra candidata all’impresa.
Incontrò molti rifiuti, Eva, causa poca autostima delle candidate al ruolo o del loro scarso coraggio di sfidare i divieti degli organizzatori. C’era, però, un’atleta dello S.C. Angrogna che aveva la sua stessa passione ed anche la stessa determinazione: Ivana Giordan e con lei si creò la giusta complicità.
L’ostacolo maggiore fu il gran rifiuto del Comitato Organizzatore ad accettare la loro iscrizione. La loro determinazione, però, prevalse e, sia pure prive dell’ambito numero di pettorale presero il via dal Rifugio Barbara alle ore 8 del 15 luglio 1979. Percorsero per intiero il tracciato previsto provando l’emozione del transito sul Colle Manzol. Ai vari punti di controllo i volontari, ammirati, le incitarono ed offrirono loro il ristoro contravvenendo alle disposizioni regolamentari; ristori, peraltro, orgogliosamente rifiutati. Conclusero la loro prova tra l’applauso dei numerosi sportivi presenti. Tentò di correre ai ripari, la “giuria” decidendo seduta stante di assegnare loro una coppa che rifiutarono sostenendo di non avere pagato l’iscrizione.
Il coraggio di osare di Eva e Ivana diede vita ai ripensamenti del Cai Uget Val Pellice che aprì ufficialmente alla partecipazione femminile a partire dalla edizione 1980. In quella edizione si registrò la presenza ufficiale di tre coppie femminili con la vittoria delle “Amiche del Mombarone” Gozzano M. e Bianchetti E. che conclusero in 3.24’54”. Eva Depetris e Ivana Giordan portarono a termine la loro prima Tre Rifugi ufficiale in 3.46’54” conquistando l’83° posizione sulle 117 coppie partecipanti.
Carlo Degio