Il Monviso osservava, non senza stupore, quegli strani esseri umani che nel mese di agosto 1987 gli facevano visita pur senza raggiungerne mai la cima: abbandonati pantaloni alla zuava ed i tradizionali scarponi indossavano maglietta, pantaloncini e scarpette e percorrevano (quasi) sempre di corsa i suoi sentieri. Anche in alta Valle Varaita erano arrivati i “Corridori del Cielo”, in termini più pomposi “Slyrunners”!
Il luogo di ritrovo era una Frazione di Pontechianale dove la diga precipita a valle ed in specifico la Frazione Castello. Di lì un ardito sentiero saliva a Grange Gheit da dove partiva il vero e proprio Giro del Monviso via Gallarino, Quintino Sella, Pian del Re, Traversette, Bailiff, Vallanta e fine pena nel concentrico di Pontechianale: Km 39 e dislivello positivo di 2415 metri. Questo recitava il programma tecnico di un apposito voalntino. Occorreva affinare una qualche preparazione per l’ “Impresa” sportiva senza potere contare su tabelle specifiche a quel tempo inesistenti. Provare a correre sempre o limitarsi a marciare riservando la corsa per i tratti pianeggianti e le discese? Quale alimentazione prima e durante la gara? E l’abbigliamento giusto?
Solo qualcuno poteva contare sulle esperienze pregresse. Tra questi c’erano i favoriti d’obbligo (almeno così li presentava un corposo articolo su “La Stampa”) ovvero l’Italiano Dario Viale e lo svizzero Felix Thurler reduci dai primi due posti alla Himalaya Marathon svoltasi, per la terza volta, in Karakorum nella stessa estate.
L’ agosto ’87 è stato un mese di prove dai tratti anche empirici oltreché pionieristici: si racconta di atleti che sperimentavano la colazione a pane, salame e vino per darsi forza e tono prima dell’impresa… qualcun altro, in tempi ante GPS, sbagliava vallone e saliva il selvaggio Vallone dei Duc “scoprendo” l’esistenza del Passo del Ranco o del Passo Calatà… Qualcuno si concentrava su di un dettaglio che sfuggiva ai più: come superare indenni l’ultima asperità costituita dai circa 3 km finali (quasi pianeggianti) che dalla diga portavano al traguardo? Non ostante le molte incognite la proposta agonistica del Giro del Monviso rappresentava un obiettivo irrinunciabile per l’ambizione dei protagonisti dello sport povero (e non povero sport) della Marcia Alpina.
E venne il giorno dell’evento: 141 pionieri accettarono la sfida anche se poi alla partenza si presentarono “solo” in 133. Numeri alti per l’epoca e per le incognite dell’inedita avventura sportiva. L’elenco dei presenti e delle società sportive rappresenta un tuffo nella storia della specialità: Scrimaglia Adriano, Silvio Calandri, Poet Bruno, Dario Viale, Ruffino Elio, Martino Giovanni, Giusiano Oscar tra gli altri atleti e Libertas Challant, U.S. Coazze, Gasm Torre Pellice, Atl. Cavour, E’ Sport Damberto, G.S. Bognanco… Al vero 39 “pionieri” dovettero ritirarsi per cause varie accontentandosi dell’”averci provato” e le classifiche ufficiali classificano 99 arrivati tra i quali 4 donne!
Fu gara vera e riservò anche alcune sorprese: tra queste di grande rilevanza la vittoria, imprevista da una stampa poco informata, del montanaro Silvio Calandri di Ussolo di Prazzo (4.18’33”) che nella discesa finale raggiunse e staccò un Dario Viale appesantito dalle fatiche himalayane e dal mancato recupero come lui stesso afferma in “Trail de vie” il suo ultimo (capo) lavoro edito da Fusta Editore…E che dire di Bruno Poet (altro esempio di cuore matto escluso, proprio per questo, dal servizio militare), altro montanaro ma in questo caso della Val Pellice che giunto al Pian del Re decise per il ritiro ma costretto alla ripartenza, dopo qualche minuto di pausa, dal tifo degli amici valligiani riprese la corsa in 9° posizione per concludere in rimonta conquistando la seconda piazza (4.27.21)? Terzo finì Elio Ruffino, anche lui montanaro della Valle Sangone davanti ad uno strepitoso Martino Giovanni, reduce dalla impresa dell’Himalaya ma più prudente nel gestire le proprie forze. Felix Thurler trovò un buon nono posto (5.04’42) anche se non all’altezza delle attese (e dei pronostici). La gara femminile, accettata a mala pena dalla fidal, confermò le grandi potenzialità atletiche della Valsusina Paola Didero (40° assoluta in 5.58’40) cha mise a frutto le precedenti esperienze di specialità sullo Chaberton.
Stupì la presenza di un settantatreenne…Musso Giulio – Cedas Fiat finito gloriosamente ultimo in 8.49’23” e senza rivendicazione di apposite “categorie” per potere dirsi “vincitore”: merce rara al giorno d’oggi!
La piazza di Pontechianale appariva come un campo profughi al termine della gara con atleti provati dai crampi favoriti da una splendida giornata di sole oltreché dall’insufficiente idratazione muscolare.
Gli applausi che accoglievano gli “eroi” al traguardo si alternavano ai lamenti di atleti distrutti dalla fatica e consolati da intere famiglie salite in alta valle a sostenere l’impresa inumana! Circolavano opinioni ed epiteti irripetibili per scurrilità nell’immediato dopo gara ma poi… hanno fatto capolino le prime strategie per l’edizione 1988: forse la prima salita a Castello verso Grange Gheit va presa più con calma…forse…
Carlo Degio