Non tutte le competizioni hanno lo stesso fascino, vuoi per la diversità dei tracciati, vuoi per il valore “storico” dell’evento sportivo, certamente il Trofeo Monte Chaberton, non è secondo a nessuno, ancor più quest’anno in cui tutti siamo un po’ orfani della Corsa Regina: la Tre Rifugi Val Pellice Trail (nelle sue diverse combinazioni).
Parallelamente agli aspetti agonistici (preparazione fisica e mentale, capacità di adattarsi all’ambiente, tenacia e soprattutto consapevolezza dei propri limiti) il variegato mondo dell’Endurance Trail richiama sempre un maggior numero di simpatizzanti: “”… tutti coloro che un bel giorno, a qualsiasi età, si alzano dal divano ed escono di casa per andare a far due passi sul sentiero. Certi poi ci prendono così gusto da voler mettersi a correre un lungo trail. Con un briciolo di sfida agonistica e tanta voglia di godersela …”” (cit. di Marco Olmo, il mito del Trail).
Sicuramente l’impegnativa salita al Monte Chaberton richiede un’accurata preparazione, sconsigliabile a chi non ne è in possesso soprattutto quest’anno in cui si registra le presenza di abbondante neve dal colle fino alla vetta.
Quindi per affrontare al meglio l’impegnativo appuntamento della prossima settimana, considerato, inoltre, che le condizioni meteo finora non hanno accompagnato l’arrivo della “bella stagione” (ma esistono ancora?), decido comunque questa mattina (18.06.16) di fare un’uscita lunga, per tenere le gambe allenate … gira che gira decido che la “tana” dell’Infernotto è l’ideale: sarà che sono cresciuto da quelle parti, ma io la considero un vero bijou !! Impervia, austera, poco frequentata. Lascio la macchina a Punt d’Ula e subito su di corsa fino al Rifugio Infernotto in 30 min (giusto per spezzare il fiato).
La giornata non è delle migliori, cielo abbastanza coperto, ma per il momento non piove. Proseguo lungo la strada sterrata, che si inerpica attraverso diversi tornanti fino al laghetto della forestale. Poco oltre scorgo un’area attrezzata con tavoli e panche in legno e la riconosco, avendola incontrata già nel Trail Vis a Viso. Lascio la strada e prendo su dritto nella ripida pineta, cercando di seguire la traccia lasciata dai runners nella precedente competizione.
La perdo quasi subito, ma non mi preoccupo più di tanto, poiché devo comunque salire di quota seguendo il crinale. Mi ritrovo immerso in una selva di rododendri ed a pochissima distanza da un branco di cerbiatte che si allontanano indispettite dalla mia presenza. Sbuco dalla pineta e sulla strada sterrata, chi incontro? Toh, due diavoletti: Dario Cardellino e Erik Falco,in beata sosta. Increduli guardano i miei “bastoncini tecnici” (un ramo di pino e uno di betulla raccattati lungo il percorso); loro decidono di tornare indietro mentre io, dall’inaspettato incontro, ricevo una rinnovata energia che mi consente di proseguire lungo la traccia del Vis a Viso.
Inizia a piovigginare, ma continuo con passo sostenuto ed arrivo alla Punta Selassa (mt.2036) in 2h e 12’ (brau!).
Mi fermo un attimo, mangio una barretta energetica e mi convinco di arrivare almeno al C. Bernardo. Il tempo purtroppo peggiora, si chiude ancor di più e inizio a sentire un po’ di freddo.
Arrivo al C. Bernardo quasi subito (2h e 35’): non si vede molto lontano e sua maestà il Re di Pietra con tutto il massiccio rimane avvolto dalle nubi.
Mi ricordo bene che la Punta Ostanetta non è molto lontana, per cui proseguo cercando di non perdere di vista gli omini e i segni di vernice bianco-rossa sulle pietre e in 2h e 55’ sono in punta all’Ostanetta (mt.2380).
Qui viene il bello, in un attimo inizia a fare una furiosa grandinata, diventa tutto bianco: decido di non proseguire oltre, evito di percorrere il traverso esposto che conduce alla Punta Rumella, scendendo per il percorso alternativo che costeggia la base rocciosa della Rumella.
Anemonis Silvestris (Ranuncolacea) Crochi ( Crocus Nivea) o Zafferano Alpino
La discesa non risulta agevole in quanto la grandine ha reso molto viscide le pietre. Due scivolate (per fortuna senza conseguenze) mi ricordano che non ho più vent’anni, per cui decido di rallentare un po’ l’andatura soprattutto perché voglio portare a casa intatti i “bastoncini tecnici”, divenuti miei inseparabili compagni di viaggio.
Mentre mi avvicino all’arrivo dell’ex seggiovia degli impianti sciistici di Rucas, il cielo si apre un pochino e si scorgono alcuni raggi di sole.
In 40’ arrivo nei pressi dei ripetitori di Rucas (3 h 30’) svolto giù a dx incrociando la strada asfaltata che porta a Montoso. Cedo il passo a una mandria di bovini che riguadagna la via verso le meire circostanti. Arrivo a Pian del Mar, seguo dapprima un piccolo sentiero sulla dx (percorso l’anno scorso a salire con mio fratello ed Enrico Bonansea, arrivando da Bric Lavarda). Mi immetto su una strada delle cave ed a naso scendo cercando di mantenere la dx. Rispetto a quando ero ragazzo, l’opera dell’uomo (le cave) ha cambiato notevolmente il paesaggio: un dedalo di strade conducono ad altrettante cave, alcune in disuso. Ad un tratto la strada risulta chiusa da un cancello con tanto di scritte, videosorveglianza ed avvertimenti vari. Per una volta decido di andare contram legem ed incurante, lo scavalco, proseguendo la corsa. Finalmente arrivo a guadare il Rio Infernotto e mi ritrovo a scendere lungo la destra orografica della Valle Infernotto.
Lascio a dx il bivio per il Rifugio Infernotto e pochi tornanti sotto intravedo dall’altra parte della vallata il Monastero di Pra'd Mill, già scorto all’andata.
Per non farmi mancare niente, arriva improvviso un’abbondante acquazzone, ristoratore, che mi lava dai sudori accumulati. Arrivo a Punt d’Ula in 4 h e 40’.
Il mio gps registra i seguenti dati: km 26,15 percorsi; altitudine max 2392 mt.; dislivello mt.1740 D+.
Il riscontro cronometrico non è certamente massimale, ma può servire come riferimento per quanti volessero cimentarsi nel … Trail dell’Infernotto ! ! !
Ciau E.Bolla